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Elba Oggi
Settimanale di attualitą e cultura dell'Isola d'Elba
Direzione, Redazione e Amministrazione: info@elbaoggi.it
Registrazione Tribunale di Livorno n° 682 del 26 Febbraio 2001
Direttore Responsabile: Francesco Oriolo |
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"I have a dream"
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I have a dream<BR>Non sarà il sogno famoso di avere finalmente un po' di giustizia e fratellanza nel mondo, ma è nobile e giusto anche l'auspicio che ci viene espresso in questo intervento. Riguarda il vecchio capannone dell'Enel, a Portoferraio, un bell'edificio di architettura industriale dei primi del '900, che andrebbe recuperato e valorizzato, ed invece...</P><P>di Nicoletta May *</P><P>Ho un sogno: vorrei vedere un giorno il capannone dell’Enel, proprio<BR> all’arrivo dei traghetti, sopra il parcheggio attualmente “decorato” da<BR> orrendi ed enormi pannelli pubblicitari, tornare ad essere un bell’edificio<BR>di mattoni e intonaco a calce, con i finestroni dell’architettura industriale<BR> del<BR> secolo scorso, le capriate d’acciaio, le griglie dei portoncini <BR>riabilitati a<BR> nuovi usi, consoni al nostro territorio.<BR> Un’edificio simile gli americani se lo costruirebbero in silicone, pur di<BR> averlo.<BR> A Pisa ne hanno recentemente restaurato uno adibendolo a locale per mostre,<BR>congressi, spettacoli. A Bologna locali simili, e con posizioni meno<BR> spettacolari, vengono adibiti a luoghi per giovani, sale universitarie,<BR>uffici di altissimo livello.<BR> Parigi ha rivisitato interi quartieri industriali, trasformando quei pezzi<BR> del suo territorio in nuovi quartieri colti, raffinati, pieni di giovani,<BR> musiche, mostre.<BR>Noi della nostra storia, cosa ne facciamo? Continuiamo a buttarla<BR> semestralmente nei cassonetti, permettendo che anche gli ultimi ruderi<BR> rimasti, acquisiti a prezzi sempre più proibitivi, vengano abbattutti per<BR> essere poi sostituiti da omologate villette, cemento e tapparelle e cancello<BR> automatico stile Casalecchio?<BR> Questa follia ci spinge, forse qui più che altrove, a buttare tutto ciò che<BR> non è più nuovo, ci sta portando a fare gli ultimi irreparabili danni.<BR> Il senese non sarebbe il senese senza i suoi ruderi. Panarea non sarà più<BR> Panarea senza le case dei pescatori, bianche e con le colonnine a calce a <BR>cui<BR> appendere i pomodori e le cipolle a maturare.<BR> L’Elba senza il suo passato, senza i suoi portoncini sbilenchi, i comignoli<BR> di mattoni e vecchie tegole, gli infissi di castagno, le sue povere e belle<BR> case di contadini cosa pensa di diventare?<BR> Un agglomerato di strade, che conducono a residences, villaggi vacanze e<BR> centri commerciali? Siamo davvero convinti che si poi questo che il turista<BR>cerca all’Elba?<BR> Se questa volta non ci diamo davvero una mossa, con la logica del <BR>profitto ad<BR> ogni costo rischiamo di lasciar cancellare per sempre una testimonianza<BR> importantissima, unica, della storia dell’Elba<BR> Il capannone Enel, è ciò che rimane di un passato di fatica, il simbolo <BR>della<BR> perduta Portoferraio industriale e del duro lavoro di centinaia di operai<BR> elbani, una storia di guerra, lotte e miseria che forse qualcuno vorrebbe<BR> dimenticare e cancellare.<BR> Il capannone attualmente è recintato da una rete di metallo. E’ un edificio<BR> immenso, con locali sotterranei alti fino a quattro piani. Oggi è rifugio <BR>per<BR> gabbiani e piccioni. Ci potrebbero stare dentro moltissimi servizi per il<BR> territorio che attualmente non trovano collocazione.<BR>Potrebbe accogliere scolaresche in visita, sale congressi, locali per mostre,<BR>teatro coperto per grandi manifestazioni, un museo sul lavoro che ci ricordi<BR> l’Elba dimenticata degli altiforni, del ferro e delle miniere e delle vigne<BR>strappate alla montagne. Ci starebbe anche un ostello della gioventù. Grazie<BR> a quello spazio Portoferraio potrebbe finalmente farsi promotrice di<BR> manifestazioni importanti e non solo estive. Ed una ristrutturazione del<BR> capannone porterebbe valore ed una vera riqualificazione per tutto il<BR> quartiere intorno<BR> Una vera civiltà non rinnega il suo passato prossimo, anche se è intriso di<BR>ricordi di fatica e di miseria. Ma ne coglie nelle rughe la bellezza e i<BR> valori su cui ha saputo costruire il proprio presente. Non dovremmo<BR> dimenticarci che ogni epoca è stata un tempo un momento presente, e poi un<BR> momento appena<BR> passato. Se tutti fossero stati colti dal nostro stesso desiderio di<BR> sbarazzarci di tutto ciò che non è più nuovo e lucente, omologato, <BR>facilmente<BR> interpretabile, l’Italia non avrebbe neanche una città medievale, Cosmopoli<BR> non ci potrebbe regalare ancora le sue mura e le sue fortificazioni, Roma <BR>non<BR>sarebbe Roma. Perché l’Elba dovrebbe essere fiera solo di chiese<BR>romaniche, mura medicee o fortezze etrusche? C’è forse un passato<BR>che è meno degno di un altro?<BR> E’ vero, e lo so per esperienza, che quando si vive in un paese, in una<BR> città, lo sguardo che noi portiamo su quel territorio, a noi così familiare,<BR>è intimamente connesso con i nostri ricordi personali. Per questo è molto<BR>difficile per chi quei posti li ha vissuti come luoghi di fatica e miseria<BR> vederne la bellezza E liberarsi da quella memoria. Ma chi amministra deve <BR>far<BR>prova di lungimiranza, e guardare il proprio territorio al di là del contesto<BR> attuale o appena passato.<BR> Conosco un giovane sindaco di un paesino del Cadore che sta facendo<BR> ricostruire l’abbeveratoio, là dove suo nonno, sindaco, lo fece abbattere<BR> perché ricordo di un’epoca dove vacche e abbeveratoi erano tutto un <BR>mondo da<BR> cui ci si voleva rapidamente allontanare.<BR> Nella periferia di Milano, per esempio, interi quartieri operai vengono<BR> rivisitati per essere riconvertiti in quartieri universitari. Campus, <BR>teatri,<BR> ristoranti sorgeranno là dove prima passavano migliaia di operai al suono<BR> della sirena. Il nostro passato non è meno degno di quello di <BR>Milano, Bologna,<BR>Sesto San Giovanni. Potremmo esserne convinti, no?<BR> Per questo cari amici vi scrivo: per favore, non lasciamo scomparire<BR> nell’indifferenza una costruzione che fra venti, cinquanta, cent’anni<BR>ragazzini e genitori potranno venire a visitare e ricordare cos’era l’Elba<BR> degli inizi<BR> del '900, prima che l’onda lunga dell’economia degli ombrelloni e sdraio<BR> spazzasse via dalla battigia gli ultimi residui della loppa.<BR> Quei ragazzini mangeranno forse un gelato, avranno forse strani attrezzi con<BR> cui giocare. Ma se avremo avuto fortuna, ci sarà davanti a loro ancora il<BR> mare, un imprendibile golfo, una città fortificata medicea sullo sfondo. Ci<BR>saranno giardini intorno questo ex bestione dell’Era industriale Elbana. E<BR> che faranno fare escursioni appassionanti. Intorno un quartiere che non sarà<BR> più solo un grosso marciapiede maltenuto dove far sbarcare o sostare le<BR>auto.<BR> Ci saranno giardini, dove i ragazzi potranno venire a baciarsi, ci saranno<BR>dentro luoghi dove studiare, ascoltare la musica, forse dormire, seguire<BR> conferenze. Ci potrebbero essere viali alberati e panchine. piste <BR>ciclabili e<BR> passerelle dove allenarsi, muri dove imparare ad arrampicarsi.<BR> Avanti, tutti insieme, sogniamo, per una volta. Sogniamo, per davvero e con<BR> forza, un luogo dove Portoferraio diventi una città europea, che accoglie i<BR> suoi giovani, i suoi anziani, gli sportivi, gli studiosi, gli artisti.<BR> Io, al posto del capannone dell’Enel, un altro centro commerciale<BR> insignificante, un altro mostro di cemento-perché-costa-meno, spero proprio<BR>di vedercelo mai. E so che siamo davvero in molti a non volerlo.<BR> |
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