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Elba Oggi Settimanale di attualità e cultura dell'Isola d'Elba
Direzione, Redazione e Amministrazione: info@elbaoggi.it
Registrazione Tribunale di Livorno n° 682 del 26 Febbraio 2001
Direttore Responsabile: Francesco Oriolo
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Anche la CGIL critica la "politica delle antenne"
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A tutto il mese di febbraio 2002 il quadro normativo italiano sulla realizzazione degli impianti per la telefonia cellulare è costituito da provvedimenti di valenza sia nazionale che locale.
Mentre il D.M. 381/98 e la Legge 36/2001 intervengono più nel senso di contrastare la tendenza all'aumento dell'elettrosmog in tutte le sue varianti (anche in bassa frequenza, come dalle linee elettriche), le varie leggi regionali si preoccupano di intervenire sugli aspetti urbanistici, o meglio sulla pianificazione dell'uso del territorio.
La normativa della regione toscana (L.R. nr 54/2000) si muove su entrambi i campi di intervento, nel quadro delle competenze che alle Regioni vengono assegnate proprio dalle leggi nazionali citate. L'aspetto più significativo dei provvedimenti della R.T., tuttavia, si ravvisa proprio nell'aver istituito a carico dei Comuni l'obbligo di redigere il cosiddetto "piano regolatore delle antenne".
La natura di questo strumento è palesemente urbanistica, e come tutti gli strumenti urbanistici ha il pregio di coinvolgere la società civile nelle scelte di pianificazione. Secondo il regolamento approvato dal Consiglio Regionale, infatti, entro 120 giorni dall'emanazione del regolamento il Comune dovrà scegliere le aree sulle quali possono essere installati gli impianti.
Dovrà farlo con l'ausilio dell'ARPAT e dell'USL ma anche del Corecom e dell'Ispettorato Regionale per le Telecomunicazioni. Il valore strategico delle scelte di localizzazione degli impianti, infatti, va ben al di là della ricerca del contenimento delle emissioni elettromagnetiche.
Non si tratta, infatti, di un semplice approccio "in negativo" alla localizzazione delle antenne, cioè della sola istituzione di nuovi vincoli, come deriverebbe dalla semplice indicazione delle "aree sensibili", peraltro necessaria. Si tratta invece di rendere partecipi non solo gli enti di controllo (ASL e ARPAT) in fase di valutazione del singolo progetto, ma di acquisire le opportune conoscenze in fase di pianificazione.
Di fatto pur convocando la "conferenza sei servizi" per l'esame dei progetti non si può procedere in tale sede ad un esame approfondito di un intervento che di per se ha carattere pianificatore. L'operato del comune di Portoferraio pecca sull'aspetto di aver favorito la crescita abnorme dei siti senza favorire la condivisione degli spazi.
E' proprio il caso di osservare che la programmazione dell'uso del territorio non sempre si concilia con la ricerca del maggior profitto da parte delle casse comunali. Nella premura di trarre il massimo profitto si è lavorato a scapito dell'ambiente urbano ed extraurbano, moltiplicando le installazioni che viceversa potrebbero essere concentrate pur mantenendo livelli di campo in limiti largamente all'interno dei valori stabiliti dalle norme.
Mentre sui livelli di campo giungono continuamente segnali distensivi (i limiti precauzionali imposti sono largamente garanti) si dissemina un territorio prezioso di emergenze, senza peraltro intervenire in modo efficace per la riduzione e l' ottimizzazione di quelle esistenti.
Non a caso sempre la regolamentazione regionale indica che "La regione ed i comuni promuovono accordi con i gestori (...) e con operatori qualificati del settore, anche avvalendosi della funzione di cordinamento delle province, al fine di concordare lo sviluppo delle reti, favorendo (...) l'accorpamento degli impianti su strutture di supporto comuni o quantomeno all'interno di siti comuni".
Stilare accordi con i soli gestori già oggi attivi sul territorio ha di fatto consegnato il territorio a questi per un periodo lunghissimo, senza spazi per nuovi operatori e nuove tecnologie ed opportunità. Cosa faremo quando si presenterà un nuovo operatore di telefonia?
Faremo nuovi impianti perchè nella miopia della scelta operata non ci saranno spazi di sviluppo all'interno delle infrastrutture create? Oppure i gestori esistenti osteggeranno con ogni mezzo l'operato dei nuovi, impedendo così, di fatto, la concorrenza e la spinta all'innovazione?
Il rischio reale è quello di consegnare i cittadini a situazioni cristallizzate di oligopolio, proprio nella gestione di servizi che influiranno sulla qualità della vita, situazioni nelle quali le posizioni dominanti finiranno per restringere gli spazi di libertà, come accade già in altri settori dell'informazione. Altri interrogativi sorgono in funzione della nascita di servizi di telefonia a "larga banda".
E' ormai sotto gli occhi di tutti che i cablaggi necessari per le infrastrutture della larga banda, siano esse in fibra ottica o in rame, costituiranno solo un anello della catena. Gli altri anelli saranno quelli delle trasmissioni via radio, provenienti da satellite, da reti locali o da sistemi di telefonia cellulare di terza generazione.
Ci troveremo fra poco tempo a dover scegliere tra rinunciare ad una opportunità di innovazione (basti pensare al telelavoro) o dovremo viceversa contornare il territorio di nuove emergenze, o ancora progettare altri scavi ed infrastrutture, i cui costi, anche ambientali, renderanno impossibili le realizzazioni.
Sarà bene che fin da ora si pensi, già nella collocazione degli impianti per la telefonia cellulare di oggi, a scelte più versatili, coordinate o comunque coordinabili con le altre infrastrutture al suolo, e soprattutto più democratiche.
CGIL - Isola d'Elba
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